Reacher, stagione 3: recensione dei primi tre episodi

Arrivata da qualche giorno nel palinsesto della piattaforma di streaming Amazon Prime Video, la terza stagione di Reacher basata sull’omonimo personaggio dei romanzi di Lee Child, non delude le aspettative con i primi tre episodi decisamente intensi e in attesa di tirare le somme totali su tutti gli otto episodi che la compongono.
La trama (senza troppi spoiler)
Intento a vendere qualche vinile in un negozio di musica all’interno di una piccola cittadina universitaria, Jack Reacher rimane invischiato nel tentativo di rapimento di un ragazzo, Richard, riuscendo a neutralizzare l’assaltatore ma uccidendo involontariamente un poliziotto intervenuto sul luogo. Alle strette e con la polizia alle costole, Reacher cerca di fuggire ma Richard, figlio di un ricco uomo d’affari, gli propone di lavorare per suo padre, Zachary Beck. Titubante, Reacher accetta e, dopo una serie di prove e indagini sul suo conto, l’ex ufficiale dell’esercito viene “assunto” da Beck.
Formula che vince non si cambia
Dopo due stagioni davvero eccezionali, Jack Reacher torna sui piccoli schermi nell’adattamento di La vittima designata, settimo romanzo della saga sull’ex poliziotto militare creata dallo scrittore Lee Child. Anche questa volta, per quanto concerne le aspettative, questi primi tre episodi non le deludono di certo. Alan Ritchson torna nei panni del massiccio protagonista che unisce muscoli, acume e fiuto da detective e che dà il titolo al franchise televisivo e, insieme a lui, Maria Sten in quelli di Frances Neagley, ex compagna di squadra dei tempi della 110ᵃ Unità Investigativa dell’US Army creata dallo stesso Reacher. Il resto del cast è completamente rinnovato e annovera tra i nomi Anthony Michael Hall, volto noto della serie TV The Dead Zone ispirata al romanzo di Stephen King andata in onda a inizio anni Duemila e Brian Tee, il dottor Ethan Choi di Chicago Med visto anche in Chicago P.D. e Chicago Fire.
Ma ciò che rappresenta la vera novità a livello di personaggi portati in scena è il Paul “Pauli” van Hoven interpretato dal bodybuilder Olivier Richters che incarna una controparte all’altezza di Jack Reacher non tanto per intelligenza, bensì per fisicità. Infatti, tra una scena dialogica, un momento action e uno scambio di battute al vetriolo, è lo stesso protagonista ad affermare che van Hoven è “il doppio di lui”, sottolineando come la minaccia fisica questa volta sia realtà rispetto ad altri avversari visti e incontrati (e passati a miglior vita) nelle prime due stagioni.
Infatti, una delle peculiarità di Reacher è quella di essere costruita intorno al physique du rôle dell’ex poliziotto militare, vero e proprio colosso umano così come descritto da Child, che riporta in auge una certa fisicità granitica di tante lectio cinematografiche anni Ottanta messe in immagini filmiche dai vari Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone. Eppure, per quanto Jack Reacher sia l’emblema del cosiddetto “uomo esercito” che permea un certo immaginario collettivo a stelle e strisce, non è depauperato dal realismo poiché, nonostante le notevoli capacità tanto mentali quanto fisiche, anche lui può trovarsi in difficoltà all’interno delle dinamiche del plot.
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Tre primi episodi tra introspezione e azione
Così come le due precedenti stagioni, anche questa terza apre le danze in medias res senza troppe spiegazioni se non affrontandole successivamente, sotto forma di un lungo flashback (di cui non espleteremo qui il contenuto per evitare spoiler a chi, ancora, non ha avuto modo di iniziare gli episodi), per poi intrecciarle con quelle che sono le motivazioni di Jack Reacher nell’intraprendere questa nuova “missione” personale. Sì, perché oltre alla trama principale ve n’è una secondaria strettamente collegata al militare speciale in congedo, che si dipana per indizi nei primi due episodi per poi, nel terzo, svelare il punto di rendez vous narrativo.
Possiamo dire che, al pari della seconda stagione, anche qui il Jack Reacher di Child è spinto dal motivo della vendetta in quanto qualcuno ha fatto qualcosa che non doveva fare e il codice d’onore dell’ex detective pulsa come una vena sulla fronte in un momento di rabbia, seppur Reacher mantenga un certo distacco e controllo celato dal suo imperturbabile volto ma, ciò nononstante, vi è la sicurezza che, al momento giusto della stagione, la vendetta detonerà in maniera esplosiva.
Anche in questa stagione non mancano scene di violenza realistica, fulminea e brutale a cui le due antecedenti hanno abituato lo spettatore e, di pari passo, l’azione che le accompagna non ha nulla da invidiare a prodotti di genere action cinematografici, poiché dosata e necessaria al giusto momento.
Una premessa notevole che lascia sperare per i restanti cinque episodi
Se l’assaggio rappresentato dai primi tre episodi è una certezza post visione, tutti gli ingredienti portati in scena fino a qui lasciano ben sperare per il proseguimento della stagione. Infatti, Amazon Prime Video, rispetto al competitor Netflix (che, purtuttavia, per alcuni prodotti ha adottato la stessa policy) rilascerà i restanti cinque episodi uno alla settimana ogni giovedi fino al 27 marzo, accrescendo quel senso di smaniosa attesa nello spettatore.
Difatti, l’adozione di questa formula di distribuzione sulla piattaforma di streaming che traspira il vecchio approccio alla serialità televisiva precedente alla fruibilità in qualunque momento, va a braccetto con un prodotto che è sì un action thriller 3.0 figlio dei tempi in corso ma, parimenti, non nasconde la sua natura ibrida che, come già affermato, guarda al passato fisico di tanti “last action hero” di cui, le serie TV di genere, hanno decisamente bisogno.

Divoratore accanito di film, serie TV, libri e manga, ama gli anime (su tutti, Neon Genesis Evangelion) e i videogame, senza dimenticare la sua passione per la montagna. Autore di diversi saggi monografici, è un consulente editoriale con esperienza decennale, fotografo freelance e redattore per differenti siti web.
È una serie davvero valevole, e questo articolo la rispecchia.