Taxi Driver, la recensione del capolavoro di Martin Scorsese

Taxi Driver è un viaggio nell’alienazione urbana con Robert De Niro in una performance indimenticabile. Nelle sale in 4k il 31 marzo, 1 e 2 aprile 2025
Taxi Driver di Martin Scorsese rappresenta una pietra miliare nella storia del cinema americano, un’opera che a quasi cinquant’anni dalla sua uscita continua a influenzare registi, sceneggiatori e attori di tutto il mondo. Quest’opera seminale torna nei cinema italiani il 31 marzo, 1 e 2 aprile 2025, offrendo agli spettatori l’opportunità di riscoprire sul grande schermo la sua potenza visiva, la sua intensità drammatica e la sua incisiva critica sociale.
La trama: un ritratto crudo dell’alienazione urbana
Travis Bickle (Robert De Niro) è un tassista solitario che percorre le strade notturne di una New York decadente e corrotta degli anni ’70. Veterano traumatizzato della guerra del Vietnam, Travis fatica a reintegrarsi nella società civile, trovando nell’isolamento del suo taxi un rifugio dalla degenerazione morale che lo circonda.
L’insonnia cronica lo porta a lavorare di notte, esponendolo al lato più oscuro della metropoli: prostituzione, droga e violenza. La sua crescente alienazione si manifesta attraverso due ossessioni parallele: l’attrazione per Betsy (Cybill Shepherd), una bellissima volontaria politica che rappresenta un’idealizzazione irraggiungibile, e la determinazione a salvare Iris (Jodie Foster), una giovane prostituta di dodici anni che Travis incontra durante una delle sue corse.
Mentre la sua stabilità mentale vacilla pericolosamente, Travis si trasforma in un vigilante armato, incarnando paradossalmente sia il salvatore sia il mostro, in un crescendo di tensione che culmina in violenza.
La regia di Scorsese: virtuosismo tecnico e profondità psicologica
La direzione di Martin Scorsese si rivela magistrale nella sua capacità di tradurre visivamente lo stato mentale del protagonista. Le riprese in location nelle strade di New York City, all’epoca nel suo periodo più degradato, conferiscono al film un realismo crudo e immediato che ha contribuito a definire l’estetica del cinema urbano degli anni ’70.
In Taxi Driver Scorsese utilizza con maestria tecniche innovative quali l’uso di carrellate lente che seguono Travis nei suoi vagabondaggi notturni, i primi piani intensi che scrutano l’interiorità del protagonista, una fotografia che gioca costantemente con luci al neon riflesse sull’asfalto bagnato e, infine, l’impiego di ralenti che dilatano i momenti di violenza.
La celebre scena dello specchio, in cui Travis si confronta con il suo alter ego («Ma dici a me?»), rappresenta uno dei momenti più iconici della storia del cinema, cristallizzando perfettamente l’alienazione e la frammentazione identitaria del personaggio.
La colonna sonora: il contributo fondamentale di Bernard Herrmann
L’atmosfera ipnotica e disturbante del film è amplificata dalla straordinaria colonna sonora di Bernard Herrmann (l’ultima della sua carriera), che alterna sapientemente jazz sensuale e dissonanze inquietanti. Il tema principale, con i suoi sassofoni malinconici e le percussioni minacciose, accompagna perfettamente il viaggio notturno di Travis, accentuando il suo progressivo scivolamento nella follia.
Le interpretazioni: performance che hanno fatto la storia del cinema
La performance di Robert De Niro nei panni di Travis Bickle rappresenta un punto di riferimento insuperato nell’arte della recitazione cinematografica. La sua preparazione maniacale, che lo portò a ottenere una vera licenza da tassista e a guidare effettivamente per le strade di New York, si traduce in un’interpretazione di straordinaria autenticità.
De Niro incarna perfettamente la complessità psicologica di Travis: la sua vulnerabilità, la sua rabbia repressa, il suo desiderio disperato di connessione umana e il suo progressivo distacco dalla realtà. La celebre trasformazione fisica, con la testa rasata a mohawk nel finale, simboleggia visivamente la metamorfosi del personaggio in una figura tribale, primordiale, che si prepara al combattimento.
Jodie Foster, appena tredicenne durante le riprese, offre un’interpretazione sorprendentemente matura e sfumata nel ruolo di Iris. La sua capacità di rappresentare contemporaneamente l’innocenza perduta e una precoce disillusione rende il suo personaggio profondamente toccante, evitando ogni stereotipo sulla prostituzione minorile.
Il film brilla anche per le interpretazioni del cast di supporto: Cybill Shepherd nei panni dell’irraggiungibile Betsy, Harvey Keitel nel ruolo inquietante del protettore Sport, e Albert Brooks come il collega di Betsy. Merita una menzione speciale anche il cameo dello stesso Scorsese nei panni di un cliente del taxi con tendenze omicide, una scena breve ma di inquietante intensità.
L’impatto culturale: un’influenza che attraversa le generazioni
Taxi Driver ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura popolare, influenzando innumerevoli film (come il Drive di Nicolas Winding Refn), serie TV, romanzi e persino videogiochi. La figura del vigilante urbano, l’estetica della New York notturna e persino la celebre frase «Ma dici a me?» sono diventati riferimenti costanti nell’immaginario collettivo.
Il film ha anche suscitato intense discussioni su temi cruciali come la rappresentazione della violenza al cinema, il trauma post-bellico e l’abbandono dei veterani, la solitudine nelle metropoli moderne e il confine sottile tra eroismo e terrorismo.
La sua rilevanza politica e sociale rimane sorprendentemente attuale anche nel 2025, in un’epoca in cui l’alienazione, potenziata dalle tecnologie digitali, e la radicalizzazione individuale continuano a rappresentare problematiche centrali della società contemporanea.
Un capolavoro di cinematografia
La fotografia di Michael Chapman, con i suoi contrasti marcati e l’uso espressivo del colore, contribuisce in modo determinante all’atmosfera del film. Le strade bagnate di New York, illuminate dalle insegne al neon, diventano uno spazio onirico e allucinato che riflette la psiche disturbata del protagonista.
Il montaggio di Marcia Lucas, Tom Rolf e Melvin Shapiro crea un ritmo ipnotico che alterna momenti di quiete contemplativa a esplosioni di violenza, mimando il funzionamento della mente di Travis.
Perché vedere Taxi Driver al cinema nel 2025
Riscoprire Taxi Driver sul grande schermo nel 2025 offre un’opportunità unica di apprezzare la potenza visiva e sonora di quest’opera in tutta la sua intensità. La visione in sala permette di cogliere dettagli della cinematografia che andrebbero persi su schermi più piccoli e di vivere l’esperienza immersiva che Scorsese aveva concepito.
Inoltre, a quasi mezzo secolo dalla sua uscita, il film permette una riflessione sulla trasformazione urbana e sociale di New York e delle metropoli in generale, offrendo un affascinante contrasto con la realtà contemporanea.
Taxi Driver trascende la sua epoca per diventare un’opera universale sull’alienazione umana. La sua esplorazione della solitudine, della ricerca di significato e dell’ambiguità morale lo rende un film eternamente contemporaneo.
La proiezione speciale del 31 marzo, 1 e 2 aprile 2025 rappresenta un’occasione imperdibile per gli appassionati di cinema di ogni età: sia per chi desidera riscoprire un classico già amato, sia per le nuove generazioni che potranno sperimentare per la prima volta la potenza devastante di questo capolavoro sul grande schermo.

Divoratore accanito di film, serie TV, libri e manga, ama gli anime (su tutti, Neon Genesis Evangelion) e i videogame, senza dimenticare la sua passione per la montagna. Autore di diversi saggi monografici, è un consulente editoriale con esperienza decennale, fotografo freelance e redattore per differenti siti web.