Amadeus, la recensione del film Premio Oscar di Miloš Forman

Amadeus di Miloš Forman è un ritratto anarchico e romanzato del celebre musicista di Salisburgo, tornato al cinema per Lucky Red negli scorsi giorni in un restauro 4K che ne incendia la magnificenza visiva.
Amadeus è la più celebre pièce teatrale di Peter Schaffer, racconto fieramente anti-storico della rivalità tra Antonio Salieri e Wolfgang Amadeus Mozart, entrambi compositori presso la corte di Giuseppe II, imperatore del Sacro Romano Impero. Messa in scena per la prima volta al National Theatre di Londra nel 1979, l’opera è ispirata al microdramma del 1830 di Alexander Pushkin Mozart e Salieri, riutilizzata poi come libretto da Nikolai Rimsky-Korsakov per un altro dramma omonimo.
Nel 1984 fu la volta della trasposizione cinematografica di Miloš Forman, regista Premio Oscar per Qualcuno volò sul nido del cuculo. Dopo aver vinto il Tony Award del 1981 come miglior opera teatrale, Shaffer si prestò all’adattamento nelle vesti di sceneggiatore, e rielaborò il copione arricchendolo di scene e personaggi inizialmente non presenti, oltre a sviluppare con maggior enfasi la psicologia dei due compositori. Se le riprese in esterni del film si svolsero tra Praga e Kroměříž, Forman volle che le messe in scena di Don Giovanni si svolgessero nel Teatro degli Stati di Praga, dove collaborò strettamente con la coreografa americana Twyla Tharp.
Il risultato di questo meticoloso sforzo produttivo, coadiuvato da un ricco cast anglofono e da una potente drammaturgia, si tradusse in un successo commerciale strepitoso, coronato dalla vittoria di ben otto Premi Oscar tra cui Miglior film, Miglior regia e Miglior attore protagonista. Tuttavia non mancarano le polemiche, tutte rivolte alle licenze poetiche che gli autori si sono presi rispetto alla storia. Eppure, il mai accertato dibattimento interiore di Salieri per conciliare la sua ammirazione professionale con l’odio represso per Mozart finisce con l’enfatizzare la grandezza di quest’ultimo. E lo fa meglio di quanto avrebbe potuto un biopic storicamente accurato, probabilmente.
Genio e sregolatezza al centro di una grande opera filmica
Amadeus è un film di contrasti. Aver assegnato a Tom Hulce il ruolo di Mozart fa sì che si vada a creare una contrapposizione netta ed evidente tra lo sfarzo delle barocche corti austriache e la personalità senza freni inibitori e stravagante del compositore. Il Mozart di Forman viene descritto allo stesso tempo come enfant prodige e rock star ante-litteram, in abiti eccessivi e variopinte parrucche anacronistiche, le cui creazioni artistiche e vivacità farsesca imprimono alla narrazione l’andamento e la forma di uno scherzo musicale.
In controcampo troviamo Antonio Salieri, serioso e accademico, timorato di Dio. Vita e talento di Mozart ci vengono raccontati attraverso lo sguardo carico di rancore di F. Murray Abraham (vincitore dell’Oscar proprio per questo film), eterno rivale schiacciato da complessi d’inferiorità che (come da lirico finale) suggeriscono il coinvolgimento di Salieri nella morte prematura del compositore di Salisburgo.
Nella continua alternanza di registri giocosi e dramma febbrile dai risvolti freudiani, il dominio della scena spetta alle musiche stesse di Mozart, capace di infiammare lo schermo attraverso le sfarzose messe in scena teatrali del Don Giovanni e Le nozze di Figaro. Costumi e scenografie mettono in mostra tutta l’opulenza della produzione d’epoca, maniacale persino nella ricerca di un realismo fotografico (luci naturali delle candele) plasmato sui modelli di Stanley Kubrick (Barry Lyndon) e Ridley Scott (I duellanti).

Libraio, consumatore seriale di lungometraggi con una passione famelica per tutto ciò che arriva dall’Estremo Oriente, feticista dei libri editi da Taschen. Ogni tanto scrivo cortometraggi.