Ninja Scroll: la recensione del film anime di Yoshiaki Kawajiri

Pietra miliare di inizio anni Novanta, Ninja Scroll rimane ancora oggi un punto fermo nel settore dell’animazione nipponica. Tra spettacolari combattimenti, violenza ed erotismo, riscopriamo insieme l’importante titolo di Yoshiaki Kawajiri.
Yoshiaki Kawajiri, un nome una garanzia
Yoshiaki Kawajiri (classe 1950) è uno dei più importanti registi del settore anime. Formatosi come animatore presso la Mushi Production di Osamu Tezuka, ha fondato nei primi anni Ottanta lo studio Madhouse insieme a Rintaro e Osamu Dezaki, coniando uno stile debitore del pulp. Le sue produzioni sono caratterizzate da azione muscolare e ipercinetica, atmosfere oscure e un connubio vivido di sesso e violenza. Tra i lavori più significativi del regista annoveriamo i famigerati La città delle bestie incantatrici (suggestiva contaminazione tra cyberpunk, body-horror e hentai), l’horror a tinte action Demon City Shinjuku e il post-apocalittico Vampire Hunter D: Bloodlust. L’anime al centro di questa recensione è, però, Ninja Scroll del 1993.
Trama di Ninja Scroll
Salutato dalla critica come uno dei titoli che hanno contribuito a sdoganare il linguaggio anime al di fuori dei confini nipponici, il film combina con efficacia atmosfere kurosawiane (l’uso simbolico delle condizioni atmosferiche estreme) ai tratti distintivi dello stile di Kawajiri. Durante l’epoca Edo (1603-1863), il guerriero sovrannaturale Gemma e gli otto demoni di Kimon approfittano delle caotiche guerre tra shogunati per creare un esercito di ninja dai poteri spaventosi, in modo da poter dominare sul Giappone. Gli si oppongono il ronin solitario Jubei (con cui Gemma condivide un violento passato comune), la kunoichi Kagero e l’anziana spia governativa Dakuan.
Tra Kurosawa e action muscolare
Rivestire il doppio ruolo di regista e sceneggiatore permette a Kawajiri un controllo totale sul worldbuilding. Il Giappone feudale di Ninja Scroll non si distanzia da quello che si può ammirare in classici come I sette samurai. Devastato da fame ed epidemie, è lo scenario entro cui si muovono cinici antieroi che lottano per profitto e putrescenti creature demoniache. Kawajiri non ha bisogno di didascalismi per descrivere la decadenza imperante, riempendo gli sfondi di raffinatissimi dettagli figurativi (il prologo nel villaggio devastato dalla pestilenza). Questa attenzione alla composizione dell’immagine è importante tanto nelle fasi contemplative quanto nelle sessioni action. I combattimenti, spesso fulminee e aggraziate esplosioni splatter, danno il meglio di sé per lo studio preciso di punti macchina, dinamismo dei longilinei (e massicci) personaggi, tagli di montaggio.
Il soggetto di Ninja Scroll è elementare nel modo più assoluto, ma lo script di Kawajiri dimostra l’importanza del sottotesto sociopolitico nel cinema di genere (le allusioni alle disumanizzazioni perpetrate dagli shōgun al popolo), e quanto si possa delineare personaggi canonici senza risultare banali. Il protagonista Jubei rispetta l’archetipo del sarcastico eroe solitario, di smisurato talento marziale ma in fondo dotato di buon cuore. Dakuan si presenta come la spalla comica tuttavia saggia e piena di risorse, tanto da ricordare un po’ il Maestro Muten di Dragon Ball. Gemma è un cattivo ipertrofico che, in omaggio all’action hollywoodiano caro a Kawajiri, sembra venuto fuori da una pellicola con Schwarzenegger. Il personaggio di Kagero si rivela invece la chiave di volta del racconto, dal corpo intriso di tossine velenose (al punto che persino i suoi baci sono letali), che soffre un ruolo da femme fatale a cui non può sfuggire.
Il ruolo del character design e della musica
Altro elemento centrale di Ninja Scroll è il character design di Kawajiri e Yutaka Minowa, che rende i nemici di Jubei distinti e distinguibili per estetica e tecnica di combattimento. Non a caso il colossale samurai di pietra Tessai, la gobba-vespaio del demone del vento Mushizo e i serpenti tatuati che prendono vita dal corpo della guerriera Benisato sono rimasti negli annali dell’animazione. La suggestiva colonna sonora etnica di Kaoru Wada beneficia al risultato di questo classico che nessun appassionato di anime dovrebbe perdersi.

Libraio, consumatore seriale di lungometraggi con una passione famelica per tutto ciò che arriva dall’Estremo Oriente, feticista dei libri editi da Taschen. Ogni tanto scrivo cortometraggi.