The Order, la recensione: un poliziesco coevo con l’America di oggi

In concorso nella scorsa edizione del Festival del Cinema di Venezia e fresco di arrivo sulla piattaforma streaming Prime Video, The Order è un impeccabile lavoro cinematografico, spiazzante e mai così attuale. Con Jude Law e Nicholas Hoult
La trama
Idaho, autunno 1983. L’agente dell’FBI Terry Husk (Jude Law) prende servizio presso l’ufficio federale di una piccola cittadina, in attesa che venga raggiunto dalla propria famiglia. Qui, inizia a indagare su una serie di reati come contraffazione, rapine in banca ed episodi dinamitardi, secondo lui legati da un unico filo conduttore. Notando la riluttanza e la paura degli uomini di legge locali, in particolare dello sceriffo, Husk trova un valido alleato nell’impavido poliziotto Jamie Bowen (Tye Sheridan). I due, lentamente, ricostruiscono le origini di tutti questi crimini, dietro i quali si cela l’estremismo razzista e di destra legato a dei gruppi, in particolare quello separatista capeggiato da Robert Jay Mathews (Nicholas Hoult).
A metà strada tra biopic storico e poliziesco
Basato su fatti realmente accaduti, esposti e analizzati nel saggio The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt pubblicato nel 1989, The Order è una creatura ibrida: metà biopic, metà poliziesco. Eppure, il connubio, funziona alla perfezione, portando in scena una trasposizione degli eventi in maniera dettagliata e cruda, senza lasciare spazio all’immaginazione. Forte di un taglio registico deciso e pulito, il lungometraggio diretto da Justin Kurzel immerge lo spettatore nella cupa e reale storia dei movimenti razziali terroristici americani degli anni Ottanta, esponendo tanto la genesi quanto il credo di tali gruppi votati a sovvertire ordine, istituzioni e uguaglianza.
Guardando The Order, la sensazione è quella di trovarsi nel mezzo degli eventi, quasi embedded nella guerriglia urbana e non che si consuma tra rappresentanti della legge, ligi al dovere e a quel proteggere e servire su cui hanno giurato, e distruttori dell’ordine sociale, questi ultimi mossi dalla dottrina dell’odio e di quella utopica supremazia bianca atta a creare un nuovo mondo ideale. In questa dicotomia, in tale duale deleuziano prende le mosse l’intero film, aprendo un importante spunto di riflessione su ciò che sono diventati, oggi come oggi, gli Stati Uniti d’America.
Echi trumpiani e di storia recente
Nonostante The Order abbia il compito di far conoscere una nera pagina della storia passata a stelle e strisce, ciò che spiazza è nel recepire in superficie, quindi per niente in maniera velata, gli echi di un presidenza trumpiana che c’è stata e che c’è nuovamente: il testo utilizzato dagli estremisti razziali, così come viene affermato nelle didascalie finali del film, è stato il vademecum per gruppi terroristici e razziali interni per oltre quarant’anni, culminando nella extrema ratio applicativa nell’assalto al Campidoglio statunitense il 6 gennaio 2021, vero e proprio tentativo di colpo di Stato.
Dunque, al tempo stesso il lavoro di Kurzel diventa rappresentazione della storia recente, rimembrando sì il passato ,ma sottolineando come, in realtà, dagli anni Ottanta a oggi la società americana, quella più radicalizzata e decisamente estremista, non sia cambiata affatto, cercando il capro espiatorio di turno per mettere a ferro e fuoco l’ordine costituito e il nome stesso del movimento sovversivo, The Order, appunto, ne dimostra l’intenzione e la missione di stabilire qualcosa di diverso, in barba a chi governa e dirige la Nazione.
Introspezione e azione in mezzo alla natura e negli scorci urbani
Tuttavia, The Order non si limita a mettere in chiaro chi rappresenti la fazione dei buoni e giusti e chi quella dei cattivi con una visione alquanto distorta. Facendo ricorso a una certa introspezione, il film scandaglia all’interno di ogni personaggio, fornendo così una visione completa delle motivazioni che spingono ogni singolo personaggio a compiere le proprie azioni: l’agente dell’FBI Husk, interpretato da un Jude Law in stato di grazia, sembra quasi espiare la “colpa” per un incidente avuto mentre era in servizio a New York e l’attesa della sua famiglia che non arriva mai sembra essere il dazio da pagare, mentre il poliziotto del dipartimento dello sceriffo, Bowen, è stanco di stare al gioco della colleganza, la quale preferisce voltare lo sguardo dall’altra parte diversamente da lui che vuole fare la differenza, infine Mathews, leader glaciale del movimento terroristico, indottrinato con i dettami insani di una parte di società media che cerca di additare colpe al diverso da sé.
Di fianco a tutto questo, The Order offre anche una cospicua dose di azione: tra inseguimenti, agguati e sparatorie, la tensione non manca di certo, così come la violenza cruda e senza filtri, che si consuma tra scorci urbani e tanta, tanta natura di contorno, messa in risalto ancor di più dall’eccelsa fotografia e dalla metafora che rappresenta: infatti il film si apre, ha un intramezzo e un finale che vede Husk intento alla caccia al cervo, quasi un memorandum de Il cacciatore del compianto Michael Cimino, senza tuttavia colpo ferire. In questo, le tre scene diventano metafora dello stesso ruolo dell’agente federale. Il colpo non sparato contro una creatura indifesa e dentro in suo regno naturale, assurge alla definizione dei ruoli: Husk deve proteggere gli innocenti e non fomentare violenza.
Un’opera da guardare per fare il sunto della situazione
È un pacchetto completo quello offerto da The Order, e ciò ne fa un’opera da guardare. In un duello di bravura tra attori, comparto sceno-tecnico di prim’ordine e una sceneggiatura decisamente ben scritta, è un titolo che non spettacolarizza nulla anzi, per via del suo realismo può essere benissimo considerato come un importante documento storico in formato filmico, cosicché da permettere allo spettatore di confrontarsi con le recenti cronache geopolitiche statunitensi e, in tal modo, fare quello che si può definire il sunto della situazione.

Divoratore accanito di film, serie TV, libri e manga, ama gli anime (su tutti, Neon Genesis Evangelion) e i videogame, senza dimenticare la sua passione per la montagna. Autore di diversi saggi monografici, è un consulente editoriale con esperienza decennale, fotografo freelance e redattore per differenti siti web.